“VESTIRE GLI IGNUDI” di Luigi Pirandello
Adattamento Gaetano Aronica
Con altri 4 attori
Regia Gaetano Aronica
LO SPETTACOLO
“Vestire gli ignudi” è uno dei testi più misteriosi della drammaturgia pirandelliana. Trae spunto da un fatto di cronaca che impressionò il grande autore siciliano e riprende alcuni temi presenti nel suo primo romanzo, “L’Esclusa”, in cui si narra dell’ingiusta persecuzione nei confronti di una giovane donna, il cui presunto adulterio (poi smentito) si scontra con i pregiudizi di una società patriarcale che non esita a relegarla ai margini, come reietta. Tutti gli uomini ritorneranno sui loro passi quando però, sarà ormai troppo tardi … Ersilia Drei è parente stretta dell’Esclusa così come lo è anche dei più famosi “ Sei Personaggi in cerca d’autore” che proprio nel 1922, l’anno in cui Pirandello scrive “Vestire gli ignudi” stanno riscuotendo un enorme successo sui palcoscenici d’ Europa, consacrando la sua fama.
Ersilia è stata definita a più voci il “settimo personaggio pirandelliano in cerca d’autore” e questo appare chiaro sin dalla sua entrata in scena che sembra quasi la personificazione dei desideri dello scrittore Ludovico Nota, così come quella dei “Sei personaggi” sembrava un’intrusione di fantasmi in cerca di una utore (Pirandello), ma in realtà proprio da lui evocati. Anche Ersilia è un fantasma. Sopravvissuta ad un tentativo di suicidio che innescherà la fantasia delirante dello scrittore, ma anche le più turpi insinuazioni sulle pagine dei giornali, la donna sembra al suo apparire un animale ferito in cerca di qualcuno che le dia rifugio e protezione. E’ lei stessa a definirsi così; preda dei tanti cani che vogliono azzannarla, lacerarla, con una ferocia che oggi non può non fare pensare alla degenerazione di tanti amori malati che si trasformano brutalmente in eccessi di cieca violenza. Le intuizioni di Pirandello si traducono nei drammatici fatti di cronaca dei giorni nostri, permettendoci di rileggere l’opera in tutta la sua sorprendente attualità. Eppure, anche quando Ersilia si sveglierà dal sonno profondo della ragione per assumere nuova consapevolezza, il mistero rimarrà intatto e se possibile si infittirà, costringendoci a riflettere sulla scacchiera delle dinamiche sociali e dei rapporti di potere, in cui ognuno gioca il suo ruolo, compresa la vittima. Ma Ersilia è davvero la vittima? O è consapevole del suo ruolo di mesta seduttrice, necessaria a rischiarare il grigiore della società dei “piccoli uomini feroci”, dominati dalle proprie pulsioni, incapaci di provare un sentimento autentico. L’unico personaggio vivo è lei, con tutte le sue contraddizioni, le sue zone d’ombra, le sue paure, le sue bugie. Ersilia cerca un riscatto e se non potrà averlo nella vita reale, lo cercherà disperatamente nella finzione delle pagine di un romanzo, anche a costo di annientarsi.
Si potrebbe infatti leggere tutta l’opera come la “cronaca di due suicidi”, uno fallito, l’altro drammaticamente riuscito. La vita di Ersilia Drei, di Ludovico Nota, del Console Grotti e degli altri personaggi del dramma, racconta proprio il flusso di coscienza della protagonista, il suo modificarsi, evolversi, cambiare, proprio nello spazio che separa il primo suicidio dal secondo. Tutto il testo potrebbe essere interpretato come una seduta psicanalitica. Ersilia entra in scena “donna bambina” e ne esce completamente trasformata.
Non è un caso che tra le fasi del cambiamento ce ne sia una fondamentale che racconta la perdita di sé e il conseguente sonno/sogno in chiave psicanalitica. La ragazza uscirà “diversa” da quella caduta e non tornerà più indietro, lasciando gli altri personaggi nell’inferno della loro esistenza, cristallizzata in una vuota forma, senza sentimenti, slanci, emozioni; non una vita “nuda” da vestire con il migliore degli abiti, ma una vita inutile che annuncia la caduta di una società che per molti versi ha attraversato decenni di storia, immobile, sino ai giorni nostri. Mettere in scena “Vestire gli ignudi” oggi, significa analizzare in controluce la violenza dei rapporti umani in una società imprigionata nei suoi schemi, attraverso il tentativo di ribellione di una giovane donna nei confronti di un sistema di valori totalmente distorto, involuto, in cui le paure ancestrali dell’altro da sé, si traducono in una brutale, morbosa, reiterata, bramosia di possesso, sino al plagio psicologico e all’annientamento fisico.
Gaetano Aronica