TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA
TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA
TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA
TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA
TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA

TERESA SAPONANGELO / CLAUDIO DI PALMA

SABATO, DOMENICA E LUNEDÌ”  commedia in tre atti di Eduardo De Filippo

con  Alessandro Balletta – Anita Bartolucci – Francesco Biscione Paolo Cresta – Renato De Simone – Maria Cristina Gionta – Alessandra Pacifico Griffini – Paolo Serra – Gianluca Merolli – Mersila Sokoli

Regia Luca De Fusco

NOTE DI REGIA

Io credo che ci siano molte analogie tra Eduardo e Goldoni.

Entrambi hanno operato una vera e propria Riforma, che ha mutato il corso della storia del teatro del loro tempo. La Riforma di Goldoni è risaputa. Lo scrittore veneziano abbandona il mondo delle maschere, che pure sono presenti nella prima parte della sua produzione, facendo nascere un teatro realista, che parla di persone vere dando allo spettatore l’impressione di conoscerle, con dialoghi magistrali, spesso basati su concertati di molti personaggi, che compongono delle vere e proprie partiture. Nei testi di Goldoni nulla è lasciato al caso: le didascalie sono accuratissime e spesso alcune battute obbligano la regia a determinate scelte. Il disegno di Goldoni è affermare la pari dignità della letteratura teatrale rispetto al teatro rappresentato ogni sera. Basta lazzi, improvvisazioni, “carrettelle”, sostituiti da solidi meccanismi drammaturgici. Se ci si riflette con acutezza questa azione somiglia molto a quella svolta da Eduardo nel teatro napoletano. Quando comincia la sua attività le maschere imperano sulla scena: da Pulcinella a Felice Sciosciammocca, di cui il padre fu somma espressione. Pur essendo anch’egli grande interprete di maschere, abbandona questo stile e sceglie la strada del realismo. Anche i personaggi di De Filippo sono veri, sembra di conoscerli, come quelli di Goldoni. Entrambi gli autori partono da registri comici, ma escono dalla concezione di teatro come puro intrattenimento per esplorare strade di analisi psicologiche e sociali.

Le didascalie accurate e le battute condizionanti sono pure nei testi di De Filippo che, a differenza di Goldoni, poteva avvalersi dell’arma della concessione dei diritti di rappresentazione.

La riprova di questa analisi sta nella fortuna della drammaturgia napoletana post Eduardo. Prima di lui il teatro napoletano era famoso soprattutto per gli attori. Petito e Scarpetta scrivevano dei canovacci. Come erano canovacci i testi del grande rivale di Goldoni, ovvero il conte Gozzi. Dopo Eduardo nascono Patroni Griffi, Ruccello, Cappuccio, Santanelli, Moscato, Borrelli, Salemme e molti altri. Una vulgata assai diffusa all’epoca di Eduardo era che i suoi testi avevano fortuna grazie alla sua grande capacità attoriale. Con Eduardo sarebbero morti anche i suoi testi.

Ma tutto questo è stato smentito dalla grandissima fortuna imperitura, nazionale e internazionale del suo repertorio.

Eduardo è stato accusato di essere un autore piccolo borghese, intimistico, che avrebbe “addomesticato“ la grande vitalità anarchica del teatro napoletano. Proprio in “Sabato domenica e lunedì “si diverte a prendere in giro un filodrammatico amante di Petito, ovvero quella tradizione anarchica che egli avrebbe distrutto.

La verità è che Eduardo è stato di gran lunga il maggiore scrittore teatrale italiano del secondo Novecento ed è così ancora vicino a noi da rendere incongrue le riscritture registiche avventate.

La “scrittura scenica“, teoria molto in voga negli anni ‘70 e ‘80, secondo cui il vero autore di uno spettacolo è Il regista, si infrange sui capolavori eduardiani che chiedono, a mio avviso, un regista interprete e non un demiurgo, un direttore d’orchestra e non un compositore, per la semplice ragione che il compositore c’è già e la sua vitalità è ancora inalterata.

Ho quindi rinunciato a video, musiche originali innovative, immagini chiaroscurali. Abbiamo realizzato uno spettacolo “chiaro“, sia per privilegiare l’efficacia dei nostri attori, quello di Eduardo è un teatro per attori, sia per la gioia di raccontare una piccola storia, fatta di tanti accadimenti, che fa pensare a Cechov e che si conclude con un sorriso, espressione poco in voga nel teatro d’arte, ma di cui personalmente sento un gran bisogno.

Dedico questa regia a mia moglie Francesca che da alcuni decenni risolve assieme a me qualche brutta domenica, come capita in ogni famiglia, facendo cominciare però con un sorriso i nostri tanti lunedì.

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