“IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ” di Eduardo De Filippo
Con Pino Micol e con Ciro Capano
Regia di Geppy Glejieses
NOTE DI REGIA
Note di regia Nel novembre del 1973 Eduardo riprese al San Ferdinando “Il sindaco del Rione Sanità”. In quella compagnia figurava anche mia sorella Marilù Prati, che poi per Eduardo interpretò anche, per la ripresa televisiva del 1975 “Na Santarella” di Eduardo Scarpetta nel ruolo della protagonista. Io nel ‘73 avevo 19 anni e da un anno mi cimentavo in esperienze semiprofessionistiche dedicandomi in particolare modo al ruolo di Pulcinella. Della ripresa teatrale del ‘73 del “sindaco” io vidi 12 repliche al San Ferdinando, sfruttando qualche omaggio di mia sorella o pagando con i miei risparmi. Regolarmente in “piccionaia”. La mia passione per questa commedia era smisurata come il rapimento che Eduardo suscitava in me con la sua magnetica, quasi mistica interpretazione.
Incredibilmente in quei giorni, il medico di Eduardo, Eugenio D’Angelo, mi invita a casa sua per conoscere il Maestro. Naturalmente quell’incontro mi ha segnato la vita. Oggi come allora: ho goduto della sua stima, mi volle con lui, mi concesse diritti di rappresentazione e infine revocò per me il veto alle sue opere, ed io nei miei 50 anni di teatro ho interpretato 7 sue commedie, prima con il suo benestare, poi con quello del mio amico Luca, che tanto manca a me e al teatro italiano, ed ora grazie a Tommaso che così amorevolmente e con grande competenza amministra l’immenso patrimonio. E così, a 72 anni, un anno meno di quanti ne aveva Eduardo allora, realizzo il sogno di interpretare “Il sindaco”, la commedia a cui egli era più legato, come confessò a Sergio Lori tanti anni fa.
Chiariamo subito che la camorra con “Il sindaco del rione Sanità” non c’entra nulla.
Antonio Barracano è “un uomo d’onore” che per buona parte della sua vita si era dedicato a comporre dissidi, amministrando una forma di giustizia alternativa a quella dello Stato, uno Stato che condannava gli innocenti e spesso non aveva pietà. Il suo personaggio era ispirato a un uomo realmente esistito: si chiamava Campoluongo. Ma lasciamo parlare Eduardo: “Questi Campoluongo non facevano la camorra, erano mobilieri. Lui veniva sempre a tutte le mie “prime”, si sedeva restando in silenzio, beveva con me un caffè, mi salutava sempre rispettosamente e poi se ne andava”. Il nodo della commedia è che Antonio Barracano difende i più deboli perché “la legge non ammette ignoranza. E allora non ammette tre quarti di popolazione”. Commedia simbolica, politica, quasi didattica, ma che a mio avviso pretende di essere affrontata di petto, affondando le mani nel male, nella sofferenza e, a volte, nel sangue. Ma commedia non tragedia: in essa sono presenti alcune delle più belle battute dell’Autore, ad esempio, rivolto ad Arturo Santaniello: “Vuie tenite nu difetto… .me site antipatico!”
Avrò al mio fianco un grande attore come Pino Micol nel ruolo del medico, Pasquale Della Ragione, e un compagno di scena a cui sono molto legato, Ciro Capano, che interpreterà Arturo Santaniello, l’uomo che il destino mette di fronte a Barracano. Con loro un gruppo di bravissimi attori napoletani. Non è vero che “non ne nascono più”, ce ne sono tanti, solo che bisogna non essere miopi e saperne esaltare le qualità. E in questa avventura mi sostiene ancora una volta il Teatro Nazionale di Napoli, guidato con grande talento da Roberto Andò affiancato dal direttore organizzativo Mimmo Basso. C’è in questa commedia la più bella uscita di scena di un personaggio eduardiano: a Vicienzo ‘o Cuozzo che implorando perdono gli chiede la mano, Eduardo-Barracano risponde, mentre come in una tragedia greca va a morire fuori scena, “No, ‘a mano no”.
Da 52 anni quella battuta aumenta i battiti del mio cuore e mi ricorda che cos’è “Il Grande Teatro”.
Geppy Gleijeses
