GEPPY GLEIJESES
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COSI’ PARLO’ BELLAVISTA” di Luciano De Crescenzo

Adattamento di Geppy Gleijeses

Con MARISA LAURITO – BENEDETTO CASILLO – Nunzia Schiano ed altri 9 attori

Regia Geppy Gleijeses

 

Note sullo spettacolo … e altro

Il dibattito che si è sviluppato per merito de “il Mattino” sull’opera e la figura di Luciano De Crescenzo, ha un leggero sapore “d’antan”, un po’ da cenacolo culturale anni ‘50, stile Giovannino Guareschi ,quando si discuteva sul livello di fascismo del “Bertoldo” e di questo suo illustre collaboratore. Luciano De Crescenzo (che ha un vantaggio su Guareschi di circa 5 milioni di copie, avendo venduto 25 milioni di copie delle sue opere in 42 Paesi), ha
però incontrato, per altri versi, un destino analogo, a cui, se vogliamo essere onesti, ancora non sfugge. ”Che cos’ è” Luciano De Crescenzo è la domanda più pertinente, non “chi è”. Una strana e anomala figura nel mondo della
letteratura, della filosofia, del cinema, della poesia; una figura che ha avuto ed ha troppo successo per essere perdonata. Eppure lui, già nella prefazione alla prima edizione di “Così parlò Bellavista”, forse presago dell’anatema di certa “intellighenzia”, così scriveva: “guai a parlare di mare, di sole, e di cuore napoletano! Cominciando da Malaparte e finendo a Luigi Compagnone, Anna Maria Ortese, Domenico Rea, Raffaele La Capria, Vittorio Viviani e compagnia cantando, il desiderio di togliere il trucco con il quale per tanti anni era stato imbellettato il volto della nostra città ha fatto sì che insieme ai cosmetici è stata tolta forse anche la pelle del viso di un popolo che, pur senza mandolini e chitarre continuava in ogni caso ad avere una propria fisionomia caratteristica. “Quanto sono vere queste parole e quanto poco gli sono state perdonate! Io sono cresciuto leggendo “Ferito a morte” di La Capria e “Il mare non bagna Napoli” della Ortese, la prima parte che ho interpretato in una commedia in TV a 23 anni con Lilla Brignone, Massimo Ranieri e Pupella Maggio in “In memoria di una signora amica” è stata quella scritta pensando
ad Antonio Ghirelli da Patroni Griffi… Ma poi ho imparato che esistono altri grandi che hanno ritratto più bonariamente delizie e vizi del nostro popolo, come Giuseppe Marotta, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo e, per certi versi la Matilde Serao, de “Il ventre di Napoli”.
E sono allievo di Eduardo De Filippo e Peppino Patroni Griffi, ma non sono cieco.
E, nel mio piccolo, so leggere e guardare. E dalle parole profetiche della prefazione a Bellavista, passai poi a interpretare Giorgio, il protagonista giovane di quel film, ma poi ho letto e approfondito l’opera di Luciano. Egli si definisce un divulgatore, nelle ultime interviste dice: “io non sono un filosofo, io ho copiato!” e nel nostro ultimo incontro di pochi giorni fa, mentre voleva inginocchiarsi perché portavamo “Bellavista” al San Carlo, mi diceva: “No Geppy, io non sono un poeta, sono un quasi poeta”. Non è vero. Consiglio a tutti di leggere o rileggere “il nano e l’infanta”, scritto e disegnato per conquistare una donna quando aveva vent’ anni, opera di pura poesia,
“Raffaele”, “il Dubbio” che forse Luciano considera la sua opera più amata, in cui tenta di dare una risposta alle “grandi domande” sul Caso, la Necessità, l’ Entropia, il Tempo e lo Spazio (e quasi ci riesce), “Oi dialogoi” in cui, tra sacro e profano, contamina, con metodo platoniano, la speculazione filosofica con i “fattarielli napoletani”, il capitolo dedicato per esempio a Cartesio, al Dubbio e al “cogito ergo sum” nella sua splendida “Storia della filosofia moderna” e infine (ma si potrebbe continuare a lungo) ripensate alla sua fondamentale teoria dell’uomo d’amore e dell’uomo di libertà, elaborata in Così parlò Bellavista. Luciano, e mi perdonerà chi ha più titolo di me, per quanto mi riguarda, e non credo di sbagliare, non è solo un divulgatore: È filosofo sui generis, poeta, romanziere, regista, sceneggiatore, umorista, attore, eccetera eccetera… Troppa roba per essere perdonati. O, come direbbe lui, “Troppa grazia Sant’Antonio!! Sinceramente non pensavo ad adattare, produrre (con Best Live di Alessandro Siani e Sonia Mormone), mettere in scena e interpretare “Così parlò Bellavista”. Il ricordo di quel film è nella memoria mia, e soprattutto della gente napoletana, indelebile e forse intangibile. E poi ero e sono in teatro in questo periodo tra Filumena Marturano di Eduardo, il Piacere dell’onestà di Pirandello, Le Cinque rose di Jennifer di Ruccello e la regia di Sorelle Materassi di Palazzeschi. E così stavo per compiere anch’io un peccato di superbia. Pensandoci oggi, a pochi giorni dal debutto, non me lo sarei mai perdonato. C’era un solo modo limpido e affascinante per portarlo in teatro. Distaccarsi dal film e creare un’opera autonoma, specificamente teatrale. E così nell’ adattamento ci sono varie citazioni del romanzo, come ad esempio il secondo “cenacolo” che si conclude con un concetto poetico e geniale, degno del miglior Salvatore Di Giacomo. Parlando delle case di Napoli legate l’una all’altra dalle corde tese da palazzo a palazzo per stendere i panni ad asciugare, scrive così: “Immaginate per un momento che il Padreterno volesse portarsi in cielo una casa di Napoli. Con sua grande meraviglia si accorgerebbe che piano piano tutte le altre case di Napoli, come se fossero un enorme Gran pavese, se ne verrebbero dietro alla prima, una dietro l’altra, case, corde e panni, canzone ‘e femmene e allucche ‘e guagliune…” Il 26 settembre debuttiamo al San Carlo, il teatro più bello del mondo, in cui negli ultimi 73 anni l’unica opera di prosa andata in scena è, nelle due edizioni di Eduardo e di Luca con Francesco Rosi, “Napoli Milionaria” !!! Ciò avverrà grazie alla lungimiranza della Sovrintendente Rosanna Purchia, al Patrocinio del Comune di Napoli. E Luciano il 18 agosto ha felicemente varcato la soglia dei 90 anni e che Dio ce lo conservi almeno per altri 90. Anche per il suo compleanno vogliamo festeggiarlo. Ricordando anche il grande Riccardo Pazzaglia, cosceneggiatore del film.
L’adattamento teatrale che ho scritto, come dicevo, non è affatto una pedestre sbobinatura del film. Chi sa di cinema e di teatro ci insegna che sono necessari codici di comunicazione molto diversi. Lo spazio scenico a cui ho
pensato e che Roberto Crea ha splendidamente realizzato, ritrae il Palazzo dello Spagnolo, che con i suoi incroci di scale e le sue prospettive diventa un luogo della mente.Nella corte del palazzo, suddividendo a volte la scena in settori, si svolge tutto il racconto, con il cenacolo, il tavolo dei pomodori, la trattoria, il negozio di arredi sacri e via dicendo. Non avrei potuto condurre in porto questa impresa senza un gruppo di attori straordinari come Marisa Laurito, deliziosa interprete e migliore amica di Luciano (a questo fatto ci tiene assai!), Benedetto Casillo, mitico Salvatore vice sostituto portiere (anche ora 34 anni dopo!), Nunzia Schiano, Salvatore Misticone, Gianluca Ferrato (il direttore dell’Alfasud, Cazzaniga), Vittorio Ciorcalo, Patrizia Capuano, Elisabetta Mirra, Gino De Luca, Gregorio De Paola (è Giorgio, il mio personaggio di allora), Agostino Pannone, Ester Gatta e Brunella De Feudis. Sono tanti e voglio citarli tutti perché lo spettacolo è molto corale. E si gioverà delle musiche in parte originali e in parte nuove del maestro Claudio Mattone. Voglio ringraziare Paola, l’adorata figlia di Luciano, per il suo prezioso aiuto, Enzo D’Elia e la Mondadori per averci concesso di citare parti del romanzo, e Gianluca Curti e Minerva Film per l’utilizzo di parti della sceneggiatura. Ah, dimenticavo: Bellavista sarò io, perdonate l’ardire.
Abbiamo voluto ambientare lo spettacolo negli stessi anni del film e in realtà non abbiamo dovuto adeguare all’oggi nemmeno una battuta. Come ci insegna Luciano, dobbiamo avere fede: “Napoli, con il suo spirito
d’adattamento, è forse l’ultima speranza che ha il genere umano per sopravvivere “.
I sentimenti nostri, quelli veri, quelli che Luciano ha descritto, non sono cambiati e non cambieranno mai.

Geppy Gleijeses

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