GIANLUCA GUIDI / GIUSEPPE MANFRIDI

GIANLUCA GUIDI / GIUSEPPE MANFRIDI

“IL CASO TANDOY”  di Michele Guardì
Cast formato da 9 attori

(ottobre/ dicembre)

 

La commedia scritta e diretta da Michele Guardì, già autore e regista del musical I promessi sposi, parte dalla
intenzione di un Autore di mettere in scena uno degli errori giudiziari più clamorosi degli anni sessanta legato
all’assassinio di un Commissario di Pubblica Sicurezza ucciso in pieno centro mentre, sottobraccio alla giovane e
bellissima moglie stava per rientrare a casa. L’indomani sarebbero dovuti partire per Roma, dove il Commissario
era stato trasferito per una promozione. Convinto che il delitto fosse volto a fermare quella partenza, il Procuratore incaricato delle indagini fa arrestare l’amante della donna, il primario dell’Ospedale Psichiatrico della città, appartenente ad una delle più famiglie più in vista dell’Isola e fratello di un potente uomo politico per anni Presidente della Regione. Questa prima fase della storia viene raccontata con il confrontoscontro tra i Protagonisti della storia e l’Auto re costantemente in scena che teatralmente fa uscire i personaggi, stanchi e scontrosi, dalle cronache dei giornali che ha conservato in mansarda, suo luogo preferito per i momenti di creatività. Sono giornali che, assecondando e qualche volta precedendo il Procuratore, si accaniscono sugli aspetti scandalistici della vicenda infittita da maldicenze a sfondo sessuale nella quale si arriva incredibilmente ad ipotizzare che dietro l’assassinio del Commissario possa addirittura esserci un rapporto di “ t ribadismo”, come lo definisce con sprezzante termine tecnico il Procuratore, tra la moglie del Commissario ed la moglie del Primario suo amante.
Fissato sin dall’inizio sul delitto passionale, escludendo qualsiasi altra pista, senza una prova e appoggiandosi solo su improbabili indizi, il Procuratore tiene in carcere per mesi il Primario, due presunti 2 esecutori materiali e
persino la Vedova ad un certo punto accusata di avere concorso all’assassinio il marito e perciò di essere complice
dell’ amante principale indiziato. La corte di Assise, chiamata a giudicare, due anni dopo farà giustizia assolvendo tutti “per non avere commesso il fa t to”. Quando il giallo sembra chiuso senza un colpevole arriva il colpo di scena, dai giornali usciti otto anni dopo il delitto, si affaccia un carrettiere malandato, che si presenta come l’esecuto re del delitto. Quando, in chiusura della commedia, l’Auto re lascerà raccontare ai protagonisti coinvolti nella prima fase delle indagini la propria incredibile verità, il Primario esprimerà il suo parere sul “caso” mostrando la lapide che aveva fatto affiggere all’ingresso del manicomio quando, dopo anni di ingiusta gogna, era stato reintegrato da innocente nel ruolo di direttore sanitario del manicomio: “QUI NON TUTTI CI SONO E NON TUTTI LO SONO”. Il sipario cala proprio su quella lapide.

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