JURIJ FERRINI – Progetto U.R.T. Unità di Ricerca Teatrale
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JURIJ FERRINI – Progetto U.R.T. Unità di Ricerca Teatrale

“I DUE GEMELLI ” 
libero adattamento di Natalino Balasso, da “I DUE GEMELLI VENEZIANI” di Carlo Goldoni

regia di Jurij Ferrini
Zanetto e Tonino, i due gemelli / Jurij Ferrini
Il dottor Balanzoni; Arlecchino / Francesco Gargiulo
Rosaura, figlia del dottor Balanzoni promessa a Zanetto / Maria Rita Lo Destro
Pancrazio / Federico Palumeri
Brighella, tuttofare in casa Balanzoni; Lelio, nipote di Balanzoni; Facchino / Andrea Peron
Beatrice, amante di Tonino; Colombina, domestica in casa Balanzoni / Marta Zito
Florindo, amico di Tonino; Tiburzio, orefice; Emissario / Stefano Paradisi

 

NOTE DI REGIA

La nuova avventura dei gemelli veneziani è ambientata negli anni ’70. “C’era” dice Natalino Balasso “una curiosa gemellarità nei giovani di quegli anni, i movimenti di protesta, gli studenti, i giovani operai si erano polarizzati su due fronti opposti: comunisti e fascisti, rossi e neri”. Erano gli anni di piombo e quando non erano criminali erano tutti giovani che desideravano divorare la vita e lottavano da opposte fazioni per un futuro migliore.
Questo sguardo – da un punto di osservazione che si trova ormai a quasi mezzo secolo di distanza – coincide con il nostro presente. E allora nel grigiore di questa modernità disperante, presente distopico dove la bugia si accoppia con bugia, fino a far della menzogna una compagna della vita quotidiana, immagino che questa commedia possa offrirci un interessante spunto di riflessione sul tema dell’apparenza. Perfino sul concetto di virtuale; che tende sempre più a sostituirsi al reale. O quanto meno a manipolare così facilmente la realtà da confonderci fino al più totale smarrimento, fino a farci cadere come allocchi nelle più improbabili fake news, nuove sottili armi di persuasione di massa.
Ecco perché la vicenda e l’intreccio – straordinariamente comico – delle disavventure di due fratelli gemelli, davvero identici, che non si vedono da anni e per puro caso si ritrovano a Verona per sposarsi, oltre ad esser motore di equivoci spassosi, può diventare un’allegoria della fallacia dei nostri sensi, delle nostre percezioni e di ciò che cade sotto di loro. Goldoni e Balasso sembrano volerci prendere in giro proprio sulla nostra poca lucidità.
Natalino Balasso si serve degli stessi meccanismi comici della commedia del 1747, per rileggerla in chiave contemporanea. Tale operazione, ha come scopo quello di rivolgersi alla nostra epoca, riavvicinando il pubblico alle vicende e alle tematiche goldoniane, non limitandosi a una semplice spolverata linguistica, ma a un vero e proprio spostamento dei personaggi e dell’ ambientazione storica.
La struttura della commedia rimane intatta, così come lo scambio dei gemelli rimane centrale nella storia, ma il tutto viene perfezionato e ripensato per una società libera, in emancipazione come quella degli anni settanta. In tal senso i personaggi diventano più complessi, più sviluppati, lontani dalla maschera stereotipica della commedia dell’arte, da cui l’autore veneziano già tentava di prendere le distanze.
Proprio grazie a questo spostamento si può godere e comprendere a pieno l’ironia più profonda di Goldoni, esaltata dallo stile sarcastico e pungente di Natalino Balasso.
I due gemelli è sia un classico goldoniano, che una scrittura originale contemporanea: due spettacoli in uno.
Uno spettacolo di puro divertimento.

Jurij Ferrini

 

 

“LUCIDO” di Rafael Spregelburd

regia di Jurij Ferrini
Tetè / Rebecca Rossetti
Lucrezia / Agnese Mercati
Luca / Federico Palumeri
Dario / Jurij Ferrini

traduzione di Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni
L’opera Lucido ha vinto il PREMIO UBU 2011 – Nuovo testo straniero

 

NOTE DI REGIA

È proprio difficile scrivere qualche nota su questo spettacolo. Perché? Perché non c’è nulla che assomigli alla scrittura di Rafael Spregelburd. Potrei tentare di scrivere una sinossi di Lucido, ma le cose si complicherebbero non poco. Tento almeno un incipit… “Dopo quindici anni di assenza – lontana da casa e da sua madre Teté – Lucrezia torna a reclamare il rene che da bambina ha donato al fratello minore Luca; in una lettera dice che lo ha prestato. Il marito di Lucrezia si trova ricoverato in ospedale in dialisi, quindi si ritrova nella stessa situazione di Luca da piccolo. Restituendo quel rene Luca salverebbe la vita al marito della sorella, perdendo naturalmente la sua”.
Potrebbe sembrare il plot di una telenovela eccessiva, storta, deformata; ed è proprio da questo materiale che Spregelburd ricava un universo comico, paradossale e in continuo movimento.
È un drammaturgo – o “teatrista”, come preferisce chiamarsi – attore e regista argentino che mi ha letteralmente folgorato. Quando ho iniziato a leggere i suoi testi mi sono sorpreso a ridere fino alle lacrime. La sua comicità non è mai banale, è caustica, spietata, scorretta verso gli abitanti di quella parte del globo che risponde al nome di “occidente”. Sbugiarda i falsi valori e l’ipocrisia su cui si impernia il nostro patto sociale.
Spregelburd parla di noi, di una umanità che ha perso ogni contatto con il mondo reale e si diverte a mostrarci la sua anti-tragedia. Mentre l’eroe classico combatte e riflette, muovendosi alla ricerca di una soluzione ad un qualche problema del Destino, mentre l’eroe quindi cerca la verità; l’anti-eroe moderno si muove cercando di schivare la catastrofe, pronto a mentire perfino a se stesso, pur di evitarla… la paura della catastrofe fa in modo che il senso del tragico venga spodestato dal senso del ridicolo.
È un autore capace di far ridere a differenti livelli, di nascondere il senso per tutto lo spettacolo per mostrarlo solo al momento opportuno, occultandolo tra significati provvisori, che poi in scena vengono continuamente smentiti. Per apprezzare nella sua interezza un’opera di Spregelburd occorre ridere; ridere molto, lasciarsi andare; e a noi interpreti è consegnato questo arduo compito. Spesso alcuni allestimenti, anche importanti e di artisti notevoli, sono caduti proprio su questo aspetto fondamentale: mancavano di comicità. La risata, anche amara o atroce, è l’unica porta d’ingresso nel suo mondo, nella sua realtà scenica.
La fantasia di Spregelburd nel costruire storie per la scena, l’originalità nel tratteggiare un iper-realismo, la peculiarità del suo linguaggio si mescolano in Lucido, Premio Ubu 2011 come nuovo testo straniero, fino a farne una delle pièce più riuscite, a mio parere.
A dettagliare ulteriormente il soggetto si rischierebbe un inaccettabile spoiler quindi occorre fidarsi.
I tempi sono maturi per il pubblico italiano: è venuto il momento di conoscere profondamente questo autore e divertirsi della sua straordinaria capacità artistica.
Mi sento di rischiare addirittura un vaticinio: di Spregelburd ci si ricorderà nei secoli a venire. Non perdetevelo.

Jurij Ferrini

 

 

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